La nascita del nastro Open Reel da ¼
Il mondo della cinematografia e della musica hanno visto, nel corso del tempo, il crescente progresso delle strumentazioni impiegate per registrare e per tradurre in realtà il lavoro fatto nei tanti studi di registrazione per rendere sempre più accessibile e pratica la registrazione di suoni. In particolare, il XX secolo ha visto l’introduzione di numerosi strumenti di registrazione sonora: primo fra tutti è il celebre nastro open reel da ¼ di pollice.
Questo nastro magnetico viene chiamato open reel proprio perchè la bobina di nastro magnetico lascia un’estremità libera fuori dal carter, cosa che non accade ad esempio nelle audiocassette con involucro chiuso; ¼ di pollice perchè il formato del nastro, e di conseguenza il suo spessore, è esattamente un quarto di pollice che corrisponde a circa 0.6 centimentri.
Dunque di cosa si tratta, qual’era il suo funzionamento e in che modo veniva utilizzato? Cerchiamo di sviscerare i dettagli in merito a questo cimelio della storia della registrazione sonora, ripercorrendo le tappe che hanno portato alla sua introduzione nel mercato e al boom del suo utilizzo nei diversi campi della produzione audiovisiva.
La storia e le caratteristiche del nastro open reel
Per incominciare, occorre dire che il nastro open reel da ¼ di pollice, noto anche con il termine “bobina aperta”, è stato uno dei primissimi e storici registratori a nastro risalente agli anni ’30, venuto alla luce grazie all’intuizione da parte di aziende elettroniche, soprattutto tedesche, che hanno collaborato fianco a fianco. La sua ascesa, tuttavia, deve molto all’attore e cantante americano Bing Crosby, il primo ad intravedere la reale utilità delle bobine aperte per registrare i suoi spettacoli radiofonici e i suoi brani.
Differentemente da un’audiocassetta o da una videocassetta, la bobina aperta prevede un’estremità libera del nastro, la quale passa intorno alle testine di registrazione attraverso i meccanismi di trascinamento. Per poter leggere tale strumento di registrazione vennero rapidamente impiegati degli apparecchi che prevedevano come componente principale un filo metallico, il quale garantiva contemporaneamente una certa robustezza ma anche una qualità audio piuttosto scarsa.
Tuttavia, la più importante unicità che ha da sempre caratterizzato il nastro open reel da ¼ di pollice è la sua giuntabilità, ossia la capacità intrinseca di poter essere unito e collegato ad altri frammenti di nastro mediante del semplice nastro adesivo, permettendo di fatto sessioni abbastanza lunghe di registrazioni, cosa che non era possibile con i formati precedenti. Oltre a ciò, occorre sapere che la bobina aperta consente un semplicissimo movimento di nastro per selezionare il punto esatto nel quale tagliarlo. Il taglio viene solitamente fatto in diagonale, in modo tale da relegare eventuali disturbi all’audio a millisecondi.
La bobina aperta nell'industria cinematografica e discografica
Il nastro open reel da ¼ di pollice continua ad essere competitivo nei confronti della registrazione digitale per via della capacità che possiede di conferire alle voci un certo calore, ma soprattutto per il suo grado di saturazione. Così come per gli odierni sistemi di registrazione digitale, anche la bobina aperta permette di aumentare i bassi o gli alti comprimendo il livello audio; tale tecnica la si può riscontrare in diversi dischi realizzati da musicisti rock e blues. Questo cimelio della registrazione è uno dei tanti reperti conservati nella Cineteca del Veneto, polo museale che si occupa di salvare il patrimonio audiovisivo mediante l’esposizione di strumentazioni ormai obsolete in restauro.
La Cineteca del Veneto dispone di tutte le strumentazioni necessarie per il trattamento e l’acquisizione di bobine aperte, visita la nostra sezione Servizi per saperne di più. Tutti i servizi e tutte le lavorazioni sono realizzate in collaborazione con i laboratori di Running TV di Padova.