Guardare questo documentario è come fare un salto nel passato, dove la vita era proprio così, uguale per tutti i comuni di campagna: le botteghe artigiane, le donne che stirano fuori dagli usci, le suore che insegnano alle ragazze a tessere, il benzinaio che vende motociclette e poi ancora la trattoria con il telefono, unico luogo in tutto il paese dove poter chiamare.

Automobili d’epoca scivolano lente sulle strade polverose al suono placido di un pianoforte. Una voce veloce, dall’accento locale, in contrasto con l’attacco pigro della pellicola, racconta un paese come tanti, del 1952. Prozzolo, frazione di Camponogara in provincia di Venezia.

Sono le nostre radici, in cui i nonni si riconoscono e sorridono malinconici pensando al vestito da sposini indossato per la prima comunione, momento di festa grande per tutta la comunità. O pensando al grano falciato a mano e poi raccolto insieme a tutta la famiglia chiaccherando sotto il sole. La pellicola ci mostra i giorni di festa, la Domenica e la processione del Santissimo Sacramento, dove le strade si riempiono di persone e di frotte di bambini che oggi non si vedono più. All’epoca, invece, bastavano appena 4 famiglie per raccogliere una trentina di fanciulli. Gli sguardi fugaci della gente che passa davanti alle telecamere sono straniti, come se degli intrusi frugassero in quella vita che scorre sicura, sempre uguale, a Prozzolo come a Camponogara o a Correzzola. La pellicola fa parte dell’archivio storico cinematografico conservato presso Cineteca del Veneto ed è un valore inestimabile che rappresenta la vita che cambia. Merita soffermarsi e capire come siamo cambiati.