Edmund Goulding

Edmund Goulding, regista e sceneggiatore cinematografico, nasce a Londra il 20 marzo 1891 e muore a Los Angeles il 24 dicembre 1959. Forte di una notevole esperienza come attore, scrittore e regista teatrale sulla scena inglese di inizio Novecento, Goulding è uno dei cineasti europei emigrati in America che meglio ha saputo mantenere e sviluppare la tradizione drammaturgica europea anche all’interno dei meccanismi formali hollywoodiani. Soprattutto con il melodramma Edmund Goulding riesce a conferire maggiore fluidità alle trame dal sapore letterario cui molto spesso s’ispirano i suoi film. L’esatta comprensione della dialettica fra messa in scena e ed eccessi visivi e narrativi, permette a Goulding di essere riconosciuto come una figura capace di andare oltre al mero ruolo di adattatore.

Goulding è autore di un cinema potente e duttile, in cui al gusto della sinuosità scenografica, si affianca la ricerca di forme espressive capaci di andare oltre al puro decorativismo: si pensi alle originali soluzioni visive adottate in Grand Hotel (1932). La prima parte della carriera di Edmund Goulding si svolge interamente a teatro, in Inghilterra, dove si mette in luce prima come giovane attore e, successivamente, come promettente regista e autore. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale interrompe bruscamente la sua attività per arruolarsi nell’esercito inglese da cui viene congedato per le numerose ferite riportate.

Nel 1921 emigra negli Stati Uniti, più precisamente a Hollywood, dove si propone come scrittore e sceneggiatore, mestiere che svolge specialmente durante gli anni del cinema muto. Sotto contratto con Metro Goldwyn Mayer, Goulding esordisce come regista con alcuni drammi sentimentali e si afferma il suo interesse per soggetti tragici e romantici come si vede in Love (1927, Anna Karenina) con Greta Garbo e in The trespasser (1929, L’intrusa) con Gloria Swanson. Distinguendosi sin da subito nella sua abilità nella direzione di grandi divi, nel 1932 Goulding ottiene la regia di Grand Hotel: un cosiddetto all-star movie che rimane un perfetto esempio dei congegni spettacolari messi a punto dalla Hollywood classica. Tuttavia, Edmund Goulding non si limita a far convivere Greta Garbo, Joan Crawford, John Barrymore e Wallace Beery nella tipica struttura a storie parallele, ma, grazie ad un uso insistito di lunghi piani sequenza trasforma l’unico grande set in cui si svolge l’azione in un vero e proprio organismo vivente, un universo abissale che diventa metafora del mondo e del suo scorrere ininterrotto. Anche in tutti i successivi melodrammi Edmund Goulding cerca sempre di trasporre le lineari geometrie delle sceneggiature in una tessitura di corrispondenze visive, spesso con tenebrosi chiaroscuri a sottolineare i tormenti interiori dei personaggi. Vale la pena citare le due opere in cui si condensa al meglio la tensione melodrammatica: Dark victory (1939, Tramonto) e The razor’s adge (1946, Il filo del rasoio).